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Tresenta (m.3609); Gruppo del Gran Paradiso
La Tresenta è una panoramica cima, la sua via normale è facile
ma faticosa nell'ultimo tratto, dove la cresta è ridotta ad una pietraia.
Gli escursionisti possono però salirla sia per la quota ragguardevole
sia per il panorama dalla vetta. Tutto il percorso dal rifugio Vittorio Emanuele II
è segnalato con ometti di sassi, in certi tratti numerosi e in altri rari (situazione del settembre 2006).
Primo giorno.
Bisogna semplicemente salire al rifugio Vittorio Emanuele II (m.2732),
il cui accesso da Pont Valsavaranche (m.1960) è molto noto,
si svolge su comodo sentiero e ci ha richiesto 2 ore e mezza.
Secondo giorno.
Dal rifugio costeggiamo il vicino laghetto passandogli a destra.
Per un sentierino saliamo sul filo della morena del ghiacciaio
del Moncorvé. Il primo tratto è ripido, poi diventa quasi pianeggiante.
Alla fine del tratto ripido lasciamo a sinistra una fila di ometti
(non ho purtroppo verificato se indicano la via per il Colle del Gran
Paradiso e la cresta nord della Tresenta) e seguiamo la traccia pianeggiante.
Ignoriamo poi gli ometti che
scendono a destra al torrente sotto il Ciarforon e ci teniamo
sulla una traccia che va dritto (ometti rari). Questa traccia conduce verso
la cresta ovest della Tresenta, raggiunge il torrente davanti a una
zona di rocce montonate alla base della cresta ovest e della parete
nord-ovest della nostra montagna, circa sotto il punto dove il ghiacciaio
del Moncorvé è più stretto.
Superiamo il torrente, cerchiamo la via sulle rocce montonate cercando
gli ometti e puntando dove il ghiacciaio è più stretto. Non si raggiunge
il Colle del Moncorvè che rimane alla nostra destra tra la Tresenta e
il Ciarforon.
Saliamo il ghiacciaio, saranno stati 100 metri poco inclinati che però
abbiamo preferito fare con ramponi e picozza, e passiamo la crepaccia
terminale oggi facilmente superabile (situazione del settembre 2006).
Comincia ora la pietraia che conduce in cima lungo l'ampia cresta ovest.
Il primo pezzo è
il più scomodo e ripido. Sempre puntando ad un ometto superiamo una fascia
di rocce tramite un canalino, che al ritorno aggireremo su sfasciumi a
sinistra scendendo. La pietraia prosegue, prima ripida poi
un pò meno e solcata da tracce di sentiero tra numerosi ometti che
guidano talvolta più verso il filo talvolta più verso la parete nord-ovest.
Man mano che si sale compaiono le cime delle Levanne, delle Valli
di Lanzo, i lontani Monviso ed Ecrins (oggi la giornata è limpida), molte
cime valdostane tra la Tsanteleina e il Monte Bianco mentre vicini vediamo
il Gran Paradiso e il Ciarforon.
Arrivati in cima la vista si apre anche sui valloni del versante piemontese
del Gran Paradiso con le loro montagne.
Molte relazioni danno la salita in 3 ore dal rifugio. Noi abbiamo
impiegato 3 ore e 55 minuti, perdendo una mezz'ora per individuare la via
giusta sulla morena e sulle rocce montonate.
In discesa, guidati da un altro ometto, siamo scesi brevemente sul filo
della cresta ovest per poi obliquare nuovamente su tracce verso il centro
della dorsale e ripercorrere l'itinerario di salita.
Dopo il ghiacciaio, sulle rocce montonate abbiamo avuto qualche momento
di difficoltà per seguire la via giusta tra
un ometto e l'altro e scendere dove i salti erano meno alti e più agevoli.
Per questo, e per la cautela usata sulla pietraia della cresta, nello scendere
abbiamo impiegato 2 ore e 45 minuti fino al rifugio.
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