Etna: Cratere Centrale e Bocca Nuova;
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Un paesaggio forgiato dalla lava, una montagna completamente diversa da qualunque altra su cui avevamo camminato prima. Da anni l'Etna figura nei programmi
miei e di Anna e questa iniziativa del CAI di Villasanta, che ha radunato 39 persone, ci sembra valida. In effetti saranno due giorni pieni di scoperte.
Inizio col descrivere il secondo giorno, quello della salita alla vetta.
Saliamo da sud, utilizziamo l'autobus fino al rifugio Sapienza, poi la funivia, in seguito i pulmini 4 x 4 e come la prassi suggerisce siamo accompagnati
da guide. Queste sono tre, tra cui Biagio e Francesco del Gruppo Guide Etna Nord.
Il nostro percorso a piedi lungo il versante sud inizia alla Torre del Filosofo a 2900 metri. Si comincia su un sentiero ricavato dal Corpo delle Guide su una pietraia
di lava, opera del vulcano nell'aprile 2017, e dopo 800 metri lineari ci si porta alla base della Bocca Nuova, lasciando a destra il cono dei crateri di sud est.
Si procede poi per traccia marcata su lava sabbiosa nerastra su un traverso ascendente. Prima si passa dal bivio di quota 3060, dove arriva l'itinerario di
discesa, poi da 3100 metri aumenta la pendenza. Si sbuca quindi sul bordo della Bocca Nuova a circa 3250 metri. Qui lo spettacolo è impressionante ed è quello
di un cratere fumante con la vista che cambia in continuazione secondo l'andamento dei vapori dispersi dal vento che coprono e scoprono lembi di cratere.
Il panorama a 360 gradi e' molto compromesso dalla foschia, non si distingue il mare ma non lamentiamoci perché la mattinata è bella. A ovest i monti più
vicini appaiono aridi mentre le pendici dell'Etna sono disseminate di piccoli vulcani.
Camminando sul bordo dei crateri, su lava ciottolosa, si arriva a quello centrale, dove il mio altimetro segna qualche metro più di 3300. Qui sul bordo ci
sono molte tracce di zolfo e l'aria è meno respirabile, una breve discesa ci porta sulla sella tra il Cratere Centrale e quello di Nord-Est che è l'attuale
punto più alto dell'Etna a quota 3340. Una frattura, che è poi una grande faglia che si è attivata nell'aprile 2017 incidendo trasversalmente tutta la
montagna, impedisce l'accesso al punto massimo.
Tornati alla Bocca Nuova continuiamo a salirne il bordo verso est, ora su lava finissima, fino a circa 3270 metri. Qui iniziamo la discesa su ripido pendio
di lava sabbiosa, da scendere anche di corsa o a balzi, fino a ritornare al bivio di quota 3060. Ancora qualche passo sulla sabbia e alle 13.30 sostiamo
per il pranzo ai bordi della lava dell'aprile 2017.
Dopo la pausa la attraversiamo, tornando quindi nei pressi della Torte del Filosofo. Questi tratti su lava ciottolosa e ruvida devono essere percorsi con
un minimo di attenzione. Lasciamo a sinistra la Torre del Filosofo e saliamo sul soprastante cratere del 2002 a quota 2920 circa. Sorpresa: ha un colore
rosso per una forte presenza di ossidi di ferro. Dalla cima un altro pendio abbastanza ripido e ghiaioso scende su un pianoro sabbioso a circa 2760 metri,
da cui si scende fino alla strada percorsa dai pulmini e poi in breve alla stazione superiore della funivia.
Il dislivello complessivo in salita tenendo conto delle ascese sui vari crateri è stato di circa 570 metri, la lunghezza del percorso di 7,5 km. Il tempo impiegato in totale è stato di 6 ore e non comprende la mezz'ora della pausa pranzo ma include le soste per le spiegazioni geologiche e ambientali fornite dalle guide.
Etna: da Piano Provenzana alla Grotta dei Lamponi e ritorno;
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L'Itinerario si svolge sul versante nord della montagna a quote comprese tra 1700 e 2000 metri circa e presenta numerosi motivi di interesse: colate e campi
di lava, piccoli vulcani, grotte di scorrimento lavico.
Il nostro gruppo di 39 persone iscritte a questa iniziativa del CAI di Villasanta scende dal pullman
a Piano Provenzana. Qui avviene l’incontro con le due guide, Biagio e Francesco, e comincia l'escursione.
Si sale per stradina sulla lava che nel 2002
distrusse le strutture turistiche qui presenti e dappertutto ci sono anche scheletri di alberi morti soffocati. "Erano mille anni che una colata non arrivava
a Piano Provenzana", ci dice Biagio, "prendevano sempre un'altra direzione". Presto la stradina si restringe e inizia uno dei sentieri più significativi
che ho percorso: troppo diverso l’ambiente in cui e su cui si cammina rispetto a quelli che conosco, non essendo mai stato su colate nè campi di lava,
tantomeno su un vulcano attivo. Per traccia su lava fine arriviamo sul cratere detto Monte Nero per il colore della lava. E' il primo che saliamo in questa
due giorni di escursioni e la vista dal bordo verso l'interno è una novità per quasi tutti. Inoltre in lontananza nella foschia si vede l'Aspromonte.
Dal bordo del cratere di Monte Nero scendiamo di circa 50 metri lungo una traccia diretta e riprendiamo il sentiero su lave fini oppure a ciottoli fino ai margini del bosco di faggi. Diamo uno sguardo alla sottostante valle del fiume Alcantara, ai Monti Peloritani, principalmente calcarei e con l'aguzza Rocca Novarese. Nel bosco il sentiero ricorda quelli delle Prealpi e del nostro Appennino perché le foglie morte coprono la lava. Arriviamo quindi al rifugio Timparossa, una casetta di legno che in realtà è un bel bivacco. Per un sentierino che inizia nei dintorni, la guida ci fa continuare nel bosco devastato da colate di lava a ciottoli sui quali la traccia va percorsa con un po' di attenzione. Alcune colate risalgono agli anni 1614-24.
Arrivati circa sulla verticale della Grotta dei Lamponi scendiamo senza
sentiero fin presso la grotta, camminando su lave dette “cordate” per la loro forma. La grotta è un tunnel di lava solidificata al cui interno scorreva lava
fluida e la cui parte esterna si è raffreddata più velocemente. E' una curiosità naturale che visitiamo per sicurezza con le lampade frontali. Il nome deriva
dalla presenza tutto attorno di piante di lamponi.
Finora abbiamo camminato complessivamente verso ovest e adesso, fatta la
pausa pranzo, invertiamo la rotta. Per una comoda stradina sterrata in leggera salita attraversiamo il bosco fino a un'ennesima colata. La costeggiamo in
salita e poi la attraversiamo avvicinandoci al punto di partenza. Osserviamo una sequenza di piccoli crateri, in gergo “bottoniera” perché disposti
lungo una frattura un tempo attiva, e quindi raggiungiamo Piano Provenzana dove concludiamo l’escursione dopo circa 6.30 ore comprese le soste.